Il chirurgo ucraino Serhiy viene catturato dalle forze militari russe in una zona di guerra dell’Ucraina orientale e, mentre è prigioniero, assiste a spaventose scene di umiliazione, violenza e indifferenza verso la vita umana. Dopo il rilascio, torna al suo comodo appartamento piccolo borghese e tenta di trovare uno scopo nella sua vita dedicandosi a ricostruire la sua relazione con la figlia e l’ex moglie. Impara a ridiventare un essere umano, a essere un padre e ad aiutare sua figlia, che ha bisogno del suo amore e del suo sostegno.
COMMENTO DEL REGISTA
Ho iniziato a lavorare a questa storia ispirato da un piccione che si è schiantato contro la nostra finestra, mentre volava ad alta velocità, lasciando un segno allo stesso tempo bello e orrendo. Mia figlia di dieci anni ha visto tutto: l’impronta precisa delle ali, la traccia di sangue lasciata dall’impatto della testa, le piume attaccate al vetro. Nei giorni successivi, eravamo turbati da quanto era successo. Le sue preoccupazioni, domande, attese di risurrezione miracolosa, la negazione dell’irreversibilità di questo evento e i tentativi di comprendere la morte dal punto di vista infantile mi hanno spinto a scrivere una storia sulla relazione tra un padre e una figlia addolorati per la morte di una persona amata. La morte di uno dei personaggi è connessa alla guerra che infuria nell’Ucraina orientale. Mettendo in relazione l’agiata vita quotidiana nella capitale e la realtà mortale della guerra, si crea un contesto molto intenso per questa storia sulle paure dei bambini e il loro primo incontro con la morte, e si evidenzia l’impotenza degli adulti. È una storia sulla presa di coscienza da parte di un bambino del fatto che la vita umana è limitata. È anche una storia sulle responsabilità degli adulti nei confronti delle persone amate, di sé stessi e del modo in cui esprimono il proprio potenziale. La bambina e l’adulto si aiuteranno a vicenda a comprendere questo mondo bello e crudele, così simile al segno lasciato dal piccione sul vetro.
BIOGRAFIA DEL REGISTA
Si è formato presso la scuola Andrej Wajda. Nel 2014 è stato direttore della fotografia, montatore e produttore del film in lingua dei segni ucraina The Tribe, di Myroslav Slabošpyc’kyj. Nel 2017, il suo quarto lungometraggio Riven”čornoho è stato il rappresentante ucraino all’Oscar al miglior film straniero 2018, senza però ottenere la candidatura. Nel 2019, il successivo Atlantyda ha vinto il premio per il miglior film della sezione Orizzonti alla Mostra del Cinema di Venezia ed è stato scelto di nuovo come candidato ucraino agli Oscar, stavolta per il miglior film internazionale.
NOTE
Venezia 78
CAST
Con
Roman Lutskyi, Nika Myslytska, Nadia Levchenko, Andriy Rymaruk, Ihor Shulha